anche agli occhi di Dio ti nego e ti smarrisco; Una diffusa ed errata convinzione vuole che gli artisti più sono pazzi più sono geniali. ma oggi io non ho dato nulla con un sibilo fondo pronta ad asciugare amorevolmente le mie lacrime. avide del mio asilo e dei miei frutti, Però oggi come sono magre e secchette le donne, prima erano belle adipose. e ritogliere il senso alla natura! emananti dei fiori e da ogni grazia. Sogna che al sol si sciolga questa triste pietra Ho aiutato mia madre a partorire mio fratello: avevo 12 anni. al pensiero di non scrivere più che si chiamano rime. onde ne ribevessi la mia assenza! Ho conosciuto Gerico, poi ti volti e non sai ancora dire Dopo questo episodio ha inizio un triste periodo di silenzio e separazione dovuto all’internamento manicomiale di nostra madre presso l’Ospedale Psichiatrico Paolo Pini di Milano. abbandona le redini del sangue, più quietamente questa nostra sete. credendole il mio fango musicale. Io non fui originata e lo rimando tacita ai miei occhi Era un operaio, è morto nel 1983, un lavoratore. la mia debole rete,  come fosse una foglia di tabacco Dopo aver terminato il ciclo elementare, Alda Merini, frequenta i tre anni di avviamento al lavoro presso un istituto milanese. quella che beve la mia stessa acqua, e fiorita son tutta e d’ogni velo che intossica di morte l’avventura. e come la mia rima del Paradiso. che sarà anche triste solamente parole e se tu ascolti con le sfere assolute dell’amore Avevo 36 anni quando è nata la mia ultima figlia, Simona, e prima ancora era arrivata Barbara.”. avanzare la luce e ritirarla?… un uomo trangugiava il suo vino Non ti dispiaccia che parli il tuo nome; avevo già appeso il mio amore io guardavo la sua gola turgida La mamma invece ha avuto un’emorragia, hanno dovuto infagottarla insieme al piccolo e portarseli dietro così, con lei che urlava come una matta. abbiamo gustato il vino che salgono dal buioa ghermirti nell’anima ferita. e l’ordine delle cose. Lei era polposa e fresca perchè ospitavo la morte, La mia poesia è alacre come il fuoco, E ci stavamo in cinque. Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno…. “Sono nata a Milano il 21 marzo 1931, a casa mia, in via Mangone, a Porta Genova: era una zona nuova ai tempi, di mezze persone, alcune un po’ eleganti altre no. lievito del mio sangue e che risolva e il calice della tua vita  Quando l’angoscia spande il suo colore Getto noccioli di cartone, e anche quando sei prossima alla fine tu che ti sei calato nelle pietre si spiegherà entro un ordine di regno. Sono tornata a Milano quando è finita la guerra, siamo tornati a piedi da Vercelli, solo con un fagotto, poveri in canna, e ci siamo accampati in un locale praticamente rubato, o trovato vuoto, di uno straccivendolo. a capovolgere il mondo. Spaccarono la tua bellezza di preferire il vino a un uomo Sono nata il ventuno a primavera. e nella verecondia feroce, o implacabili ardori riplasmanti e che con essa tutta mi ragioni,  Oggi quello che è chiamato “il Muro degli angeli”, salvato dal trasloco, si trova finalmente collocato nello Spazio Alda Merini , … sarei scivolata nel sonno sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida, nelle radici-spirali degli alberi,  favole di una bimba che legge i sospiri, quella che prende tutti gli amanti La mamma ha avuto una depressione post partum e da lì le cose sono sempre peggiorate. sul corpo del Naviglio Einaudi 1995). che l’amore ha sconfitto. Non dimenticare mai che ti amo. Anzi, il mio “Magnificat” è stato esaltato, perché ho presentato una Madonna semplice, come è davvero lei davanti a questo stupore dell’Annunciazione, che non accetta fino in fondo perché lei ha San Giuseppe. i garretti possenti, da allacciare al mio tronco, e tu, possente La non felice situazione finanziaria in cui versa, la porta ad affittare una stanza ad un amico pittore. vissuto e rivoltato mille volte Ecco l’immagine che porterò per sempre nel cuore. come coloro che si gettano nell’inferno sui grossi frumenti gentili il manto di metallo di una lunga preghiera L’intesa fra i due si fa sempre più forte, malgrado i trent’anni e la distanza che li separano, fino a quando, nel 1983 decide di sposarlo, solo con rito religioso, e si trasferisce a Taranto dove vi rimane per circa quattro anni. fino a quando mi imprigionerai? che ho toccato con mano. dall’odore del vino, Amore mio Corpo, ludibrio grigio era in quel momento preciso morirei sopra una lampadina accesa, vò scerpando il mio lutto come si morde una mela del passato cordoglio che non vede la luce. Poi la mia casa è stata distrutta dalle bombe. Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso non tornare a vedermi, sono in pace Il timore con te ha preso celere la strada, A lungo avrei voluto lambire il tuo sorriso. del florilegio dei sensi? la già morta materia: in te mi accolgo anima circonflessa, tutta la mia disfatta di poeta. sanno offrire ho mangiato anch’io la mela  Io sono molto cattolica, la mia parrocchia a Milano era San Vincenzo in Prato. Poesie per la mamma: le più dolci. e da carne inerte che siamo noi e poi ho tremato ancora è un niente L’albero non è albero né il fiore (22 dicembre 1948 – da”Poetesse del Novecento” 1951). Gli aspetti della morte sono talvolta abnormi. La luna grava su tutto il nostro io attendono da secoli di rotte allegrie. Con le mani Ma anche distesa per terra che sanno di tanta ironia gemmando fiori da ogni stanco ramo per dolcissima muovermi ferita:  quella che beve il mio dialogo dolce, Forse tu hai dentro il tuo corpo Tutti abbiamo un Dio, un idoletto, ma proprio il Dio specifico che ha creato montagne, fiumi e foreste lo si immagina solo… con la barba, vecchio, un po’ cattivo, un Dio crudele che ha creato persone deformi, senza fortuna. io oggi mi sono sposata al dolore, qualcuno mi ha tagliato la gola gettandoti addosso tutto il mio peso e dolore I suoi piedi nudi e piagati, di quanto ne voglia il Signore, Noi eravamo sotto, nel rifugio, durante un coprifuoco; siamo tornati su e non c’era più niente, solo macerie. della tua onnipresenza  del nero della notte e nel silenzio Io ti debbo i racconti più fruttuosi Questo è anche il periodo dove iniziano gli internamenti di nostra madre. né avrò bisogno delle tue vene che pulsano, sfiori profili di una lunga serie di segni, Però in cima aveva una stella alpina ti giuro. Siamo approdati a Vercelli. senza chiedere aiuto a Bacco. allontana da me questa cancrena,  e una rondine notturna. Forse è la sua preghiera. ma non avevo colpa l’assenza della tua vita. A Flavia e Gianfranco nel giorno delle loro nozze. a misurare dopo nel silenzio gemmando fiori da ogni stanco ramo, Non abbiamo nulla nelle mani dal bianco ventre gentile. dentro l’anima buia E le tue mani roventi da allacciare al mio tronco, e tu, possente Non serve necessariamente un compleanno o una ricorrenza particolare per poterle dire: “Ti voglio bene, mamma!” e non deve essere sempre lei a dedicare delle dolci frasi per una figlia o un figlio. Un poetessa che conta un numero sempre maggiore di pubblicazioni e di interventi pubblici, anche se il maggior numero di liriche è riposto nei cassetti di vari scrittori, amici o conoscenti occasionali, data la tendenza di nostra madre a regalare i propri manoscritti. Un albero disadorno, se io non potessi più cantare, che il tuo destino era segnato da sempre. diventiamo viva potenza. ... Quando sono diventati i genitori di una figlia bella come te. e i Farisei erano in alto pieno di robe vecchie. Così poi l’ho sposato, nel 1953. quanto basti per darti ma balzai prepotente. sono la paglia arida sopra cui batte il suono. come sbattete il cuore. desideroso di vedermi …e mi vergogno di me stessa… il più completo canto della pace! A loro raccomando sempre di non dire che sono figlie della poetessa Alda Merini. Aggiornamento del sito e curatore artistico: Gianfranco Bagatti (genero di Alda), siamo  Emanuela, Flavia, Barbara e Simona, le quattro figlie della poetessa recentemente scomparsa Alda Merini. verso l’enciclopedia Lì dentro eravamo ebrei Mia madre invece aveva un vecchio grembiule che mai possa procedere dal seno… che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore. sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida. se la mia poesia non fosse come una gruccia madre, cercherò negli spiriti  Poesie vecchie e nuove”), Ieri sera nel basso dentro la gioconda osteria. Siamo rimasti lì soli, io, la mia mamma e il piccolino appena nato. sperando l’ovvietà di un risoluto rebus ne fece un molle cuscino Questa grande sofferenza non l’abbandonerà più e sarà la stessa sofferenza che segnerà e condizionerà anche il futuro di noi figlie…. lo so, e poi, lentamente né gli angeli conosceranno mai il nostro martirio, Ci siamo buttati nelle risaie perché le bombe non scoppiano nell’acqua, ce ne siamo stati a mollo finché non sono finiti i bombardamenti. Tutti abbiamo un Dio, un idoletto, ma proprio il Dio specifico che ha creato montagne, fiumi e foreste lo si immagina solo… con la barba, vecchio, un po’ cattivo, un Dio crudele che ha creato persone deformi, senza fortuna. per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”. Mi commuovono». Ma sono una Dafne io sarei morta di amore. (da “Terra d’Amore” poesie, racconti, aforismi. lasciare le mie impronte sul tuo cuore eri predestinata ad essere la Madre dei tuoi Discepoli. una riva di mare ( da “La presenza di Orfeo” – 4 ottobre 1950). anch’io mi sono ridestata parto ultimo è solo attoniti dentro la fede, alle tue mille bocche di ristoro! sulla fronte e nuovissimi doni) ed ho creato  degli orti maledetti degli ulivi. Ed eccoci qua a raccontarvi la storia di nostra madre, una madre privata delle figlie perché ritenuta psicolabile. Fummo lavati e sepolti, un pastrano di molte fatture ma le tue labbra gaudenti e taci meravigliata Ma del resto dico spesso a tutti quelli, che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita”. e allora divento volpe canterina. certi nei nostri spiriti d’Iddii…. sono la vanagloria che si lascia cadere, D’ogni dolore dalle trame del buio Un certo pastrano abitò lungo tempo in casa Ti ho inventata madre Abbiamo perso tutto. ma colpirmi di sì dolce armonia ma mi sono schiantata  che l’amante non morse né la donna  Siamo approdati a Vercelli. di questo ti ho punita e ferita. la carezza di una madre. La sua storia travagliata e votata alla passione e all’amore è fortemente … lui mi traghetta sulle proprie spalle. È così bello sentirti fuori, per essere abbandonata al mio triste destino. E perciò non ti chiamerò al telefono Allora presa da morte snella, È fatta di ombre e ciclamini, suono per militi di cartapesta, con le tue scarlatte voglie, Sono anni fecondi per la poetessa Merini, anni dove si contano sempre maggiori pubblicazioni ed interventi pubblici, anni in cui le vengono assegnati diversi premi letterari e una laurea honoris causa dall’Università di Messina. pesantissimo cuore e conoscessi invano getti gemiti  blanditemi come folle! che sia pietra, che sia novello Adamo, il verde delle stagioni, Ma soprattutto anni in cui la personale battaglia di nostra madre con la sua indomabile vicenda esistenziale, la sua fragilità emotiva, provata dai lunghi periodi in manicomio e dalle ombre che ancora saltuariamente popolano la sua mente, trova finalmente la serenità a lungo cercata. so che ti esalterai delle mie pene. Morta bambina,  mi fermerò il tuo momento, Molti diedero al mio modo di vivere un nome. Rispondono che io sono la loro mamma e basta, che non si vergognano di me. come uno storpio anela ogni suo passo. la mia squallida spoglia dentro l’orgia Se avess’io levità di una fanciulla semplice e affascinante e misterioso, tanto somiglianti; ma in questo