Machiavelli in un altro passaggio, sempre in riferimento al Principe, spiega che cosa sia la pazzia, contraddicendo in parte quanto detto sopra: «perché un principe che può fare quello che vuole è un pazzo; un popolo che può fare ciò che vuole non è savio.». Inoltre i sudditi traggono vantaggio dalla possibilità di appellarsi più facilmente al principe che si trova sul posto e non in una capitale lontana. Dio ha fatto quasi tutto, il resto lo dovete fare voi Medici perché Egli ci ha pur lasciato il libero arbitrio e la gloria. Perciò un Principe prudente deve, eleggendo uomini savi accanto a sé, dare solo a loro il libero arbitrio di parlargli in verità e solo di quello di cui lui chiede; ma deve chiedergli d'ogni cosa, sentire le loro opinioni e poi deliberare da sé; e comportarsi in modo che ognuno sappia che più liberamente parlerà, più sarà accettato da lui. La conclusione è che è necessario a un Principe più avere amico il popolo che avere rimedi alle sue avversità. Giova sempre a un Principe dare esempi di sé, per esempio punendo o premiando un privato che faccia qualche cosa di speciale. Per tenersi in allenamento deve praticare spesso la caccia e imparare a conoscere la natura dei luoghi dove vive. Molto importante è anche la scelta dei ministri. Il nostro paese, secondo la consueta tendenza di Machiavelli al naturalismo, viene descritto come un corpo rimasto "sanza vita", in cerca di qualcuno che "sani le sue ferite", ormai "infistolite"; ma, elemento del tutto innovativo, è l'atteggiamento di esso, quello di preghiera verso Dio. Non si lasci passare questa occasione intentata, in modo che l'Italia abbia finalmente il suo redentore. Virtù e fortuna di Cesare Borgia; sua conquista della Romagna; sua spietata risolutezza nello spegnere le ribellioni (massacro di Sinigaglia). I critici risorgimentali sostennero la tesi che il Principe fosse una specie di manuale delle nefandezze della tirannide, celebre l'immagine del Foscolo dei Sepolcri ("quel grande che temprando lo scettro ai regnatori gli allor ne sfronda ed alle genti svela di che lagrime grondi e di che sangue"). Perché un Principe nuovo è molto più tenuto sott'occhio nelle sue azioni che uno ereditario e quando le sue azioni sono conosciute come gloriose, obbligano molto più gli uomini rispetto alla dinastia antica. È perciò da respingere il catalogo delle qualità e dei vizi da perseguire o da fuggire, come compariva nella precedente trattazione politica.Sul terreno della prassi politica ciò che talora è qualità, altre volte può essere vizio. È stata sempre consuetudine dei Principi edificare fortezze che siano il freno contro quelli che tramano contro di loro. In altre parole, è pazzo colui che pensa che il fine giustifichi i mezzi. Il Principe che non conosce i mali quando nascono non è veramente savio: ma ciò è concesso a pochi. L'ultima non ci riuscì appieno e, accerchiato da potenti eserciti, andò in rovina. In politica interna deve essere deciso, deve premiare o castigare in maniera esemplare. Qualora non offrisse questa immagine di sé, deve avere due paure: i sudditi e le potenze straniere. Fino ad un dato momento nessuno dei due era riuscito a sopraffare l'altro. Considerando la storia di Agatocle non si potrà attribuire al Principato la fortuna, avendosi egli guadagnato i gradi della milizia con i suoi sacrifici. Abitandoci, infatti, ci si accorge subito della nascita di disordini che possono quindi essere quietati nell'immediato. E nel tempo è necessario tenere lontani i sudditi dalle armi e far occupare della milizia solo i tuoi sudditi propri. di regno ben ordinato, la Francia). Ed era necessario che l'Italia si riducesse allo stato pietoso in cui versa per conoscere la virtù di un grande spirito italiano (es. Esame dei vari sistemi di difesa e di offesa. Un buon principe deve saper imitare quello che in passato fecero i principi migliori, come Alessandro Magno con Achille e Scipione con Ciro. Solo quelle difese che dipendono da te, dalla tua virtù sono buone e durevoli. Quelli che diventano Principi di Stati acquistati con la sorte, lo diventano assai facilmente ma difficilmente li mantengono. Nessuna cosa fa stimare un Principe quanto le grandi imprese, ovvero dare di sé rari esempi (es. Il pensiero di Machiavelli e il termine "machiavellico" sono spesso stati disapprovati, in gran parte a causa della scarsa comprensione del suo metodo. Non sanno perché essendo sempre vissuti alle spalle di altri, a meno che non siano uomini di virtù straordinarie, non sono capaci per natura a comandare. E una Repubblica armata di armi proprie costringe all'obbedienza i cittadini con più facilità. Il regno di Dario, era simile a quello Ottomano, quindi, una volta che Alessandro lo sconfisse in battaglia, gli risultò semplice mantenere i nuovi territori. Siccome ciò presuppone virtù o fortuna, ognuno di questi due elementi mitiga le difficoltà che sono molte: però colui che si è meno fidato della sorte, mantiene più a lungo il suo regno. VII - De principatibus novis qui alienis armis et fortuna acquirunturI principati nuovi conquistati con le armi e la fortuna altrui. Persino il concetto di Realpolitik si basa sulle idee di Niccolò Machiavelli. Insomma la ragione prima della perdita di uno Stato è non conoscere quest'arte, e quello che li fa, al contrario, acquistare è esserne pratico. Negli Stati ereditari, inoltre, vi sono meno possibilità di cambiamenti, poiché i mutamenti, in questo caso politico-istituzionali, aprono la via ad altri successivi mutamenti. Nelle avversità invece, quando ci sono veramente pericoli, di amici se ne trovano pochi. Con quali cattivi esiti vi abbiano fatto ricorso Luigi XI di Francia e gli imperatori romani. Bisogna però vedere se questi rivoltosi fanno parte per sé stessi, e quindi basta un loro cenno alla rivolta, oppure dipendono da altri, e bisogna che forzino la mano. Come al solito il Machiavelli fa molti esempi storici tra i quali uno riguardante una congiura fallita: Messer Annibale Bentivoglio, principe di Bologna fu ucciso dai Canneschi. "Il Principe" (1532) è un celebre trattato di politica di Niccolò Machiavelli (1469-1527) in cui vengono descritte le qualità che un "principe" deve avere per guadagnarsi e conservare il potere. Le mercenarie e ausiliare sono inutili e pericolose, perché infedeli e pavide: prova ne è stato, in Italia, il loro dissolversi al primo assalto dello straniero (Carlo VIII). Al principato si arriva o per fortuna o per virtù: in quest'ultimo caso la conquista è più stabile, come mostrano gli esempi di Mosè, Ciro, Romolo, Teseo e Gerone siracusano. La qual cosa nasce dalla qualità dei tempi in accordo o no col loro procedere. Per esperienza molte congiure sono andate a cattivo fine perché un congiurato non può essere solo, né può avere compagni, se non fra i malcontenti: e quando hai rivelato a un malcontento la tua intenzione gli dai modo di contentarti. Il principe prudente deve attenersi all'esempio degli uomini grandi, perché le vicende umane si ripetono (imitazione «storica»). E ciò o non accade o, se accade, accade con pericolo, perché quella difesa non dipende da te. Un esempio può essere la vicenda di Luigi XII di Francia, che occupò Milano. Machiavelli visse in un periodo molto travagliato, in cui l'Italia era terra di conquista per le potenze straniere. Non è di poca importanza per il Principe l'elezione dei suoi ministri che sono buoni o no secondo la prudenza del Principe. Perciò è più virtù essere misero, partorendo una infamia senza odio, che, per essere liberale, divenire un rapace che partorisce il suo contrario. Testo originale con la versione in italiano di oggi di, Il Principe riscritto in italiano moderno. Lo stile è quello tipico di Machiavelli, cioè molto concreto in quanto deve essere in grado di fornire un modello immediatamente applicabile. E gli uomini hanno meno rispetto a offendere uno che si fa amare di uno che si fa temere; perché l'amore è tenuto da un vincolo d'obbligo che può essere spezzato da ogni occasione di utilità; il timore invece non abbandona mai. Il principe che voglia mantenere deve essere buono o non buono a seconda della necessità. Quelli che giungono al Principato con la virtù, lo acquistano difficilmente ma lo mantengono poi più facilmente. Le virtù morali usate a sproposito risultano causa di ruina. L'Autore esorta questi Principi a fortificare le loro città e non preoccuparsi del contado circostante. Anno Accademico. Non c'è altro modo di guardarsi dagli adulatori se non quando gli uomini non ti offendono dicendo il vero; ma dicendo il vero mancano di riverenza. XXIII - Quomodo adulatores sint fugiendiCome evitare gli adulatori. Oltretutto il nemico deve per forza attaccare il Principe subito al suo arrivo quando gli animi dei suoi uomini sono caldi e pronti per la difesa; e perciò, passato qualche giorno senza aver ricevuto danni e con gli animi raffreddati, non vi è più rimedio, e il Principe può star sicuro di vedere allora la gente accorrere alla sua difesa, perché sembra che lui abbia un obbligo verso di loro, essendo stato tutto distrutto per provvedere alla difesa di lui. (titolo assegnato nell'edizione originale postuma di Antonio Blado e poi unanimemente adottato, ma il titolo originario era in lingua latina: De Principatibus, "Sui principati") è un saggio critico di dottrina politica scritto da Niccolò Machiavelli probabilmente tra la seconda metà del 1513 e l'inizio del 1514[1], nel quale espone le caratteristiche dei principati e dei metodi per conquistarli e mantenerli. Tale aforisma potrebbe, forzandone l'interpretazione, essere dedotto in questo passaggio: «... e nelle azioni di tutti li uomini, e massime de’ principi, dove non è iudizio da reclamare, si guarda al fine. I titoli dei capitoli sono tutti in Latino (con corrispondente traduzione in Italiano probabilmente fatta dallo stesso Machiavelli), perché nell'ambiente umanista-rinascimentale si usava scrivere o almeno titolare le opere in latino, in quanto esso conferiva dignità e prestigio al testo. L'autore prende ad esempio il Duca di Ferrara, spodestato non per cattiva condotta, ma poiché non riuscì a resistere agli attacchi, prima dei Veneziani nel 1484 e poi di papa Giulio II nel Luglio 1510. Tutto il testo è caratterizzato da un lessico connotativo e una forte espressività, esclusi la Dedica e l'ultimo capitolo che hanno un registro diverso dalla parte centrale: infatti in entrambi prevale il carattere enfatico e specialmente la perorazione finale fuoriesce dalla realtà effettuale che caratterizza l'opera. storico Mosè e gli Ebrei). Entrambi conquistarono il potere con un colpo di mano armato, massacrando i maggiorenti della città. Gli antichi vedevano infatti nel conflitto un elemento di instabilità della comunità politica. Perché solo la morte di Alessandro e la sua malattia si opposero ai suoi piani. Fu un Papa santo che rese il Papato grande in santità come i suoi predecessori lo resero grande in ricchezza. L'Autore è anch'egli propenso a questo giudizio. Esempio Luigi XII, che facilmente acquistò e subito perse il ducato di Milano). Un Principe deve avere due paure: una dentro, per conto dei sudditi, l'altra fuori, per conto dei regni esterni. Questo perché sempre si ha bisogno del favore degli abitanti di una provincia per conquistarla. Il Principe deve fuggire tutte le cose che lo rendono odioso; ogni volta che lo farà troverà sulla sua strada nessun pericolo. Nel primo caso questa liberalità è dannosa, nel secondo è un bene. Mai un Principe nuovo disarmò i propri sudditi, e quando li trovò disarmati, li armò, perché quelle armi diventano tue fedeli, tue partigiane. Annibale). Vi sono genericamente tre tipi di personalità al seguito del Principe: Come fa un Principe a poter conoscere le qualità di un suo Ministro? Perciò quando i nemici del Principe mettono in atto una ribellione, gli altri lo difendono debolmente, in modo da temporeggiare e unirsi poi ai primi se le cose andassero male. XVII - De crudelitate et pietate et an sit melius amari quam timeri vel et contraLa crudeltà e la clemenza, se sia meglio esser temuti piuttosto che amati o amati piuttosto che temuti. Secondo l'Autore tutto l'operato del Duca non è da biasimare, anzi piuttosto da imitare. Gli stati possono essere di due tipi: Repubbliche o Principati. Per il Fiorentino un principe, per tenere i suoi sudditi uniti e fedeli, può essere ritenuto crudele e deve essere temuto al punto da non essere né odiato né amato. L'odio si acquista sia con le cattive opere che con le buone perciò un Principe, volendo mantenere lo Stato, è spesso forzato a non essere buono (es. E gli Stati, pur essendo indifesi, non sono assaliti; e i sudditi pur non essendo governati, non se ne curano. L'Autore risponde che le milizie sono controllate dal Principe o da una Repubblica. Se lo sei non ti puoi mutare col cambiamento della sorte, ma se lo fingi soltanto, puoi temporeggiare e destreggiarti. Si tratta senza dubbio della sua opera più nota e celebrata, quella dalle cui massime (spesso superficialmente interpretate) sono nati il sostantivo "machiavellismo" e l'aggettivo "machiavellico". Un Principe deve farsi temere fuggendo però l'odio, e lo farà stando lontano dai possedimenti e dalle donne dei suoi sudditi e condannando a morte solo quando la causa sia più che giustificabile, ma soprattutto stando attento alla roba d'altri, perché gli uomini dimenticano presto la morte del padre piuttosto che la perdita del loro patrimonio. Considerazioni sulla politica di Alessandro VI, Giulio II e Leone X. XII - Quo sint genera militiae et de mercenariis militibusI vari tipi di eserciti. E non c'è esempio migliore per chi voglia assicurarsi uno stato nuovo che seguire le azioni del Duca. Esempio: le città dell'Alemannia. Le milizie ausiliarie, anche queste inutili, sono quelle per le quali si chiama un potente vicino in aiuto.